Mettiamoci all'Opera per il XXXIX Festival della Valle d'Itria
Venerdì 12 luglio alle ore 19.00 appuntamento alla Fondazione Paolo Grassi per l’iniziativa “Mettiamoci all’Opera”. La scrittrice MARIA PIA ROMANO metterà a confronto i mondi della letteratura e della musica raccontando dal suo punto di vista la terza opera in programma, Maria di Venosa, con gli artisti che sono al lavoro per la sua realizzazione.
L’opera di Francesco d’Avalos, in cartellone nel 39° Festival della Valle d’Itria, sarà rappresentara in prima mondiale il 19 luglio ed ha già suscitato grande attesa, anche per la coincidenza dei 400 anni dalla morte di Carlo Gesualdo, Principe di Venosa, grande compositore e figura controversa e misteriosa e protagonista del dramma.
Autrice di quattro raccolte di poesie che vantano l’inserimento nel Museo della Poesia di Perla Cacciaguerra a Cesa, Maria Pia Romano, ha da poco dato alla luce il suo terzo romanzo, La Cura dell’Attesa, edito da Lupo Editore. Dopo il successo de L’Anello Inutile (2011) - finalista del premio Nabokov, consigliato da il Sole24ore e recensito da Billy il vizio di leggere, TG1, che gli ha assegnato "Le tre penne” - è ritornata lo scorso gennaio con La Cura dell’Attesa che racconta l’Amore come condivisione nell'anima della carne e poesia di pelle e parole non dette. Un romanzo passionale che rievoca nel lettore sensazioni autentiche.
La Romano ha accolto con entusiasmo la proposta della fondazione di raccontare assieme agli artisti quella che forse è la più passionale fra le opere in programma per la XXXIX edizione del Festival della Valle d’Itria: Maria di Venosa. Un’opera nella quale il suo autore, Francesco d’Avalos, ha voluto riprendere le vicende passionali della sua antenata cinquecentesca, Maria d’Avalos, moglie di Carlo Gesualdo da Venosa e fatta assassinare dal marito perché scoperta in flagrante adulterio.
Dandoci appuntamento a venerdì 12, Maria Pia Romano ci fa dono dei versi che le sono stati ispirati dal suo primo incontro con l’opera di d’Avalos.
SONO SETA LE PAROLE CHE NON DICIAMO
Immergere l’anima nella storia di Maria di Venosa
a trattenere lo stupore delle note
che si fanno teatro e musica assoluta
duplici, come maree figlie della luna
attese gonfie di vita tra le ciglia del cielo
e gli iridi argentei del canto di Veggente
si lasciano spalmare dall’incanto delle voci
di chi s’inventa il sole a mezzanotte
s’ascolta la bellezza figlia di onde antiche
nell’attimo in cui si dimentica il nome delle cose
per tornare alle ore mute delle segrete armonie
scritte nel ventre delle passioni
e consegnarsi alla musica
senza nulla sapere
è felicità d’esistere
[Maria Pia Romano - per Maria di Venosa]