A Martina Franca l'obiettivo è rispettare le date stabilite per il Festival, dal 14 luglio al 4 agosto. Studiando un'alternativa al programma annunciato prima del lockdown che prevedeva "Gli amanti sposi" di Wolf-Ferrari, "La rappresaglia" di Mercadante e "Leonora" di Paër.
La Scala disegna fra i desideri una possibile riapertura a settembre, l’arena di Verona annuncia una rivisitazione dei suoi schemi con il pubblico ridotto da tredicimila a tremila presenze. Il Ravenna Festival ha suggerito una possibile strada per mantenere fede agli impegni con gli spettatori e la cultura. Il Festival dei Due Mondi, a Spoleto, ha invece stabilito un rinvio sine die, mentre la stagione di Caracalla è stata annullata del tutto.
Il mondo della lirica e delle rappresentazioni all’aperto è attonito, confuso al pari dei grandi enti nazionali. Come si può mettere in scena un’opera sapendo che è impossibile distanziare le masse, immaginare una regia senza che il tenore e il soprano si abbraccino prima della fine dell’ultimo atto, come si può ipotizzare una superbuca che contenga tutta l’orchestra secondo le nuove regole del distanziamento e quale suono se ne caverebbe. E i coristi? Uno sulle Alpi, uno sugli Appennini e magari un terzo sulle Ande. E poi ci sono i danzatori, ove previsti dal compositore... forse per loro solo un minuetto potrebbe funzionare.
Insomma in questo caos nessuno azzarda previsioni né tanto meno programmi e nomi: troppo rischioso farlo con due settimane davanti che saranno la chiave di volta di tutto l’incontro-scontro con il terribile nemico che volteggia nell’aria. «Ma la speranza è l’ultima a morire», usa una proverbiale frase Franco Punzi, presidente del Festival della Valle d’Itria. A Martina Franca, infatti, sarebbe impossibile pensare a un’estate senza musica. Perché è così da 46 anni. Sul palcoscenico, nel Palazzo Ducale, sono passati in tanti e tutti famosi o destinati a esserlo. In quel mezzo secolo trascorso i nomi popolari, come Pavarotti, come Ricciarelli, hanno occupato lo spazio dei recital, ma nella preparazione di 135 titoli operistici o giù di lì si sono avvicendate giovani voci destinate a diventare anch’esse popolari: Dessì, Devia, Ciofi, e poi giovani direttori che oggi vanno per la maggiore nei teatri del mondo. Uno per tutti, Fabio Luisi.
Proprio i giovani, siano essi artisti, maestranze, spettatori, hanno da sempre costituito il punto di forza di questa formidabile “scuola” musicale. Allora Franco Punzi, che assomma su di sé, sulla sua indefessa tenacia, la potenza di questo festival di eccellenze e rarità al punto che nulla ha da temere in un ipotetico confronto con i teatri lirici e le arene, deve obbligatoriamente rispondere ai moti d’affetto che gli arrivano dagli spettatori, alle domande, alle pressanti richieste.
E il Festival, allora, ci sarà?
«Avevamo un programma presentato anche alla Bit, la Borsa del Turismo di Milano, ma certamente non lo si può attuare». Infatti, stando così le cose, è difficile immaginare per Martina, come per altri luoghi dove lo spettacolo regna sovrano, le vicinanze delle masse corali e orchestrali. Il programma della 46esima edizione prevedeva “Gli amanti sposi” di WolfFerrari, “La rappresaglia” di Mercadante, “Leonora” di Paër. Di solito il palcoscenico veniva allestito già a metà giugno.
E allora?
«Noi riteniamo che dal 14 luglio e fino al 4 agosto, le date stabilite, Martina Franca debba essere comunque presente nel panorama della musica e dello spettacolo. Così abbiamo dato incarico al direttore artistico, Alberto Triola, e al direttore musicale, Fabio Luisi, di studiare un programma che tenga conto delle situazioni e dei limiti che si sono venuti a creare e rispettando le disposizioni di legge che ci saranno o già ci sono».
Tutto da rifare quindi, per il tandem dei “progettisti”. E per tutto il resto della macchina organizzativa?
«A mio parere cambia poco, dal momento che siamo stati sempre rispettosi delle regole e continueremo ad esserlo».
Potrebbe, rimanendo in quel vago che la delicata situazione collettiva impone, azzardare qualche esempio di quel che sarà?
«Saranno utilizzati gli scenari naturali del barocco martinese, i chiostri, le masserie che sono state una felice riscoperta per il pubblico in questi ultimi anni, e il Palazzo Ducale aprirà le sue bellissime stanze».
Le andrebbe di coniare uno slogan per la prossima edizione?
«Potrebbe essere “Una novità nella novità”. Faremo il nostro lavoro di sempre cercando di mantenere alto il livello delle proposte, quella qualità che ci viene riconosciuta perché non possiamo tradire mezzo secolo della nostra storia. In più raggiungeremo per la prima volta i cittadini, i conterranei e il nostro pubblico sparso nel mondo attraverso le nuove tecnologie. Che entreranno anche come nuove componenti nella formulazione degli spettacoli».
A chi dedicare oltre che, come è giusto sia, agli assenti l’impegno profuso in questa edizione speciale?
«Al pubblico naturalmente. Ai lavoratori, agli artisti perché non si sentano abbandonati e mi riferisco non solo a chi sale sul palcoscenico ma anche a chi sta dietro le quinte, a tutti coloro che animano i laboratori. E voglio aggiungere, come sempre dico, ai giovani: non dobbiamo farli disaffezionare a musica arte e spettacolo. In momento di difficoltà, nulla deve animarci più della bellezza, della speranza e della gioia».
Quando si potrà conoscere qualcosa di più?
«Aspettiamo ancora qualche settimana. Il 18 maggio dovremmo sciogliere il nodo perché per quella data saranno definite le indicazioni del Governo. Concorderemo le risposte con il Comune, la Regione, la Provincia, perché siamo una Fondazione partecipata. E siamo intanto in buone mani, con Alberto Triola e Fabio Luisi, ai quali chiediamo uno sforzo speciale sapendo di doverlo aggiornare giorno per giorno con le novità. Certo, per una volta tradiremo, le parole di Paolo Grassi, il nostro ispiratore. Sosteneva la necessità di unire platea e palcoscenico. Questa volta il palcoscenico entra nelle case che diventano platea».
QUANDO: Giovedì 7 maggio 2020 - Quotidiano di Puglia